mercoledì 19 agosto 2009

Hanno scritto su "inQuiete, le parole"


Terre di Teatri 2008:
Teatro del Krak - "inQuiete, le parole"

Terre di Teatri è un festival teatrale e musicale organizzato dal collettivo terrateatro della provincia di Teramo. Gli spettacoli si sono svolti a Giulianova, ne ho visti un paio e sono rimasto piacevolmente sorpreso dalla rappresentazione "inQuiete le parole" del Teatro del Krak basato sugli scritti di Annemarie Schwarzenbach. Non conoscevo questa scrittrice svizzera che nei suoi diari riportava il suo disagio interiore e il male di un mondo che era prossimo alla rovina, con i nazisti che bruciavano i libri e la Seconda Guerra Mondiale che incombeva minacciosa sull'Europa.

Viaggiava Annemarie: Russia, America, Estremo Oriente...un po' per fuggire dai nazisti che erano ascesi al potere, un po' per trovare un luogo ideale in cui fossero stati sanati i conflitti tra le persone: non era la Russia comunista né in America ella riusci a trovare ciò che cercava.

Lei ci credeva, noi oggi sappiamo che le persone smettono di odiarsi solo dopo morte.

Allo spettacolo, in una sceneggiatura minimale, vi erano tre donne a rappresentare tre diversi aspetti di Annemarie: la bambina, il fanciullo che dentro ognuno di noi guarda a quello che ci succede sempre con gli stessi occhi ingenui e più di mille parole valgano questi versi di Patrizia Valduga:

Lo vedi bene cosa mi fa il tempo:

mi manda alla rovina, mi assassina...

però in me sento sempre, nottetempo,

un'anima bambina, adamantina;

Poi c'era Annemarie adulta che viveva, sperava e si disperava, si lanciava sulla bici, con le braccia a croce, nella vita futura. Infine l'ultimo personaggio era Annemarie adulta che tentava di razionalizzare tutti gli avvenimenti della sua vita scrivendo i suoi diari. Uno spettacolo meraviglioso.

Nel finale Annemarie bambina prende i diari e li legge per la prima volta, come se non li avesse scritti lei; ed è così: nella poesia precedente, l'aggettivo "adamantina" lo intendo come un'intaccabilità del fanciullo interiore: egli partecipa alla nostra vita, a volte ci consiglia, ma resta sempre puro, ogni mattina si è scordato di tutto il male che ha vissuto ed è pronto a ricominciare daccapo. Proprio come il diamente è la parte più pura e resistente di noi stessi.

Concludo questo discorso con il finale di Otto 1/2 di Fellini, dove alla fine resta solo il bambino, vestito di bianco, a suonare da solo.

pubblicato da http://ilcantodelrospo.blogspot.com il 24 dicembre 2008

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